Le coppie di fatto sono, sostanzialmente, quelle i cui componenti sono legati da un rapporto affettivo e che vivono insieme senza aver “ufficializzato” la propria unione tramite il contratto sociale rappresentato dal matrimonio.
I tempi cambiano e la giurisprudenza deve tenersi aggiornata, soprattutto nel campo dei diritti, dei doveri e delle tutele. Vediamo dunque come la legge definisce le coppie di fatto e quali passi richiede loro al fine di tutelarle, soprattutto in casi come la fine del rapporto o la prematura dipartita di uno dei due.
Secondo il comma 36 della legge 76/2016, meglio nota come legge Cirinnà, dicesi convivenza di fatto lo stato che riguarda “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.
Più che definire i parametri di tale stato di convivenza, dunque, la norma va a individuare le caratteristiche che distinguono i destinatari di tale disciplina.
Possiamo perciò ricavare da queste parole alcuni requisiti ben precisi, ovvero:
È chiaro che la legge è dedicata a tutte le coppie che non si limitano a una coabitazione di comodo o temporanea, cioè a quelle i cui componenti sono legati da un rapporto affettivo stabile (e si noti qui, per completezza, che la norma non fa alcun riferimento al sesso dei componenti la coppia).
Per poter usufruire delle tutele previste dalla normativa, quando si dà inizio a un “regime di convivenza”, o qualora il rapporto venga interrotto, la coppia deve presentare una dichiarazione in tal senso all’ufficiale di anagrafe competente.
Se entrambi hanno già la stessa residenza è sufficiente compilare un apposito modulo che di solito è reperibile presso gli uffici o sul sito internet del Comune.
Si tratta in pratica di un'autocertificazione, sottoscritta da entrambi gli interessati, che le coppie di fatto redigono e presentano, tramite raccomandata, in via telematica o di persona, al proprio Comune di residenza, dichiarando quanto segue:
Questa dichiarazione non ha natura costitutiva della convivenza, ma si configura come strumento probatorio al fine di ottenere le tutele previste dalla succitata legge 76/2016 (tale dettaglio è stato stabilito dal Tribunale di Milano con l'ordinanza del 31 marzo 2016).
Le coppie di fatto che seguono la procedura appena descritta ricevono dal Comune i certificati di residenza e di stato di famiglia aggiornati.
Ricordiamo inoltre che le informazioni contenute nell'autocertificazione ricadono sotto la normativa che tutela i dati personali.
È altresì importante ribadire il fatto che tale status non può essere ottenuto qualora gli interessati siano uniti da legami di parentela, affinità o di adozione, oppure se uno dei due (o addirittura entrambi) sia tuttora legato da vincolo matrimoniale o faccia parte di un'unione civile.
Anche l'eventuale cessazione della convivenza di fatto va segnalata all'Anagrafe con le stesse modalità prima descritte; queste di solito le motivazioni:
La dichiarazione di cessazione della convivenza di fatto può essere sottoscritta anche da uno solo degli interessati (recesso unilaterale); in questo caso sarà inviata dall'ufficio debita comunicazione all'altra parte.
Molto più complessa, anche a livello giuridico, è la situazione di coppie di fatto che comprendono un cittadino extracomunitario che necessita del permesso di soggiorno per vivere in Italia, poiché la legge Cirinnà non ne fa esplicita menzione.
Qui possiamo limitarci a dire che la giurisprudenza è in generale orientata alla salvaguardia della famiglia, che non è più legata ora soltanto al vincolo matrimoniale; ciò significa che anche le coppie di fatto che si trovano in questa situazione possono avvalersi di diversi strumenti giuridici per tutelarsi.
Per completezza ci pare opportuno ricordare anche l'orientamento positivo della Corte di Cassazione in merito a coppie di fatto i cui componenti non hanno la stessa residenza.
Come abbiamo detto prima i tempi cambiano, ed è sempre più frequente la nascita di relazioni stabili a distanza, che si tratti di unioni civili, matrimoni o coppie di fatto. Per questo motivo la giurisprudenza segnala la necessità di “ripensare al concetto stesso di convivenza, la cui essenza non può appiattirsi sulla coabitazione”.
Il legame affettivo e l'impegno al mutuo sostegno, infatti, non vengo necessariamente meno se uno dei due interessati è costretto, per ragioni lavorative, personali o patrimoniali, a trascorrere gran parte del suo tempo lontano dall'altro.
Ribadiamo comunque che ciò non significa che la coabitazione non sia uno dei requisiti richiesti dai Comuni (si veda quanto previsto per la cessazione della convivenza di fatto): quelle per cui si muove la giurisprudenza sono naturalmente situazioni particolari.
La normativa italiana riconosce ora, grazie alla legge 76/2016, diversi diritti e tutele alle coppie di fatto. Vediamoli più da vicino:
Le coppie di fatto hanno la facoltà di regolare i propri rapporti patrimoniali tramite un contratto di convivenza, stipulato con atto pubblico, o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato.
Tale contratto verrà inviato, entro 10 giorni, al Comune di residenza per la registrazione all'Anagrafe, ai fini dell'opponibilità ai terzi, tramite le seguenti modalità:
Potrà essere modificato o risolto (sia per accordo delle parti, sia per recesso unilaterale) con atto redatto e pubblicizzato nelle stesse forme.