Solitamente si diventa proprietari di un bene, che si tratti di un immobile o di un terreno o di altro, tramite un contratto di vendita o di acquisto, oppure grazie a un'eredità. Come vedremo tra breve, tuttavia, queste non sono le uniche possibilità.
Se andiamo a cercare questo termine sulla Treccani, per esempio, possiamo leggere infatti che l'usucapione è “un modo di acquisto della proprietà di una cosa o di altro diritto reale di godimento sulla cosa mediante il possesso di questa per un periodo di tempo stabilito dalla legge”.
La definizione può sembrare in prima battuta un po' oscura e certamente l'argomento è meno semplice di quanto potrebbe sembrare di primo acchito, perciò con questo articolo cercheremo di analizzare la natura di questa modalità di acquisizione, andando a scoprire come funziona e come può essere applicata.
L'usucapione, che trova disciplina negli articoli 1158 e seguenti del nostro Codice Civile, è un istituto giuridico che consente l'acquisto di una proprietà o di un diritto in forza del possesso reale del bene in questione, possesso che deve essere ininterrotto, manifesto e pacifico (l'articolo 1158 parla di un lasso di tempo di “venti anni”).
Un altro aspetto molto importante di tale istituto è il seguente: l'iter non richiede il consenso del precedente possessore del bene in questione.
L'ordinamento giuridico italiano prevede in generale due tipologie di usucapione (più una terza molto specifica che riguarda soltanto i terreni agrari in possesso di determinate caratteristiche peculiari):
L'usucapione ordinaria è quella che prevede – come dicevamo – il possesso continuo, pacifico e manifesto della proprietà generalmente per 20 anni (per 10 se si applica a beni mobili).
L'usucapione abbreviata si applica invece nei casi in cui il bene sia stato regolarmente acquistato in buona fede da chi ne vantava il possesso, pur non essendone titolare, e riduce i termini di acquisizione a 10 anni.
Pensiamo per esempio al caso di un appartamento venduto da uno degli eredi senza il consenso di un secondo erede. Quest'ultimo non si cura dell'intera faccenda per un lungo periodo di tempo ma a un certo punto si fa vivo e pretende di rendere nullo l'atto di vendita perché era a sua volta parte in causa e non era stato consultato.
Ebbene, se sono trascorsi più di 10 anni dalla data di acquisto, l'acquirente può far valere l'usucapione abbreviata in forza del contratto firmato all'epoca e regolarmente depositato nei registri immobiliari.
L'acquirente è considerato in buona fede al momento dell'acquisto qualora si sia rivolto a un notaio, confidando nelle opportune verifiche.
Per potersi avvalere dell'istituto dell'usucapione sono necessari alcuni precisi requisiti, che sono stati già brevemente tratteggiati ma che ora andremo a elencare in modo più esplicito. Queste limitazioni sono importanti perché vanno a tutelare quello che è uno dei diritti fondamentali riconosciuti dal nostro ordinamento giuridico, la proprietà.
Il proprietario effettivo del bene, infatti, potrebbe trovarsi in una situazione particolare, che non gli consente di far valere le sue ragioni in modo immediato o in un breve lasso di tempo; colui che prende possesso di un bene chiaramente trascurato e abbandonato, e magari lo ristruttura, viene d'altro canto a maturare dei diritti, qualora tutta l'operazione si svolga in presenza dei presupposti che andremo a elencare.
La situazione non è sempre facile e per questo la legge prevede precise direttive.
I requisiti relativi al possesso sono i seguenti:
Attenzione: si parla di “possesso”, non di “detenzione”, che sono due cose ben distinte dalle normative. Per capire la differenza possiamo avvalerci di un semplice e veloce esempio: colui che prende in affitto un appartamento, o noleggia un'automobile, ne è detentore in quanto lo utilizza, ma deve farne uso rispettando i diritti del proprietario, che – egli sì – possiede quel locale o quella vettura.
Per quanto riguarda invece i limiti temporali, essi sono legati alla natura del bene in oggetto, alla buona o malafede del possessore e all'esistenza o meno di un titolo idoneo o di una trascrizione (un titolo idoneo è per esempio un contratto di compravendita, mentre la registrazione è un mezzo di pubblicità dichiarativa relativo agli immobili e ai beni mobili registrati, che assicura la conoscibilità delle vicende relative a tali beni).
I limiti temporali per poter far valere l'usucapione sono quindi fondamentalmente tre.
Si applica un limite di 20 anni
Si applica un limite di 10 anni
Si applica un limite di 3 anni dalla trascrizione per i beni mobili iscritti nei pubblici registri acquistati in buona fede da chi non ne è proprietario.
Non sono suscettibili di usucapione i beni che appartengono al demanio o fanno parte del patrimonio statale.
L'esempio più classico che possiamo utilizzare per comprendere questo tipo di istituto giuridico è quello di una persona che si imbatte in una casa, magari un po' isolata, in chiaro stato di completo abbandono, e ne fa la sua dimora. Magari la risistema, appone un lucchetto al cancello e vi stabilisce la residenza. Quindi la usa come se ne fosse l'effettivo proprietario, alla luce del sole, invitando gli amici e facendosi consegnare la corrispondenza.
Ecco allora che dopo 20 anni, in assenza di rivendicazione da parte del proprietario, può invocare l'usucapione e divenirne a tutti gli effetti il possessore.
Per la legge non ha rilevanza se la persona ha agito in buona fede (magari pensa che il bene abbandonato non appartenga più di fatto a nessuno) o in malafede (si è resa conto che il bene era in stato di abbandono e lo ha occupato con l'intento di far poi valere l'usucapione); ha invece importanza il fatto che, nell'intervallo di legge stabilito dalla legislazione vigente, il legittimo titolare, nonostante fosse al corrente della situazione, non ha compiuto alcun passo per rivendicare la sua proprietà.
Una volta sicuri di essere in possesso di tutti i requisiti stabiliti dalle normative, bisogna anche controllare di poterli dimostrare. A questo proposito è bene ricordare che i termini dell'usucapione decorrono dal momento in cui si è conseguito il possesso del bene (o dalla data di trascrizione del titolo astrattamente idoneo in caso di usucapione abbreviata).
Per dimostrare tale possesso si possono utilizzare diversi mezzi: per esempio le ricevute e le fatture delle opere eseguite sul bene in oggetto e quelle dei tributi pagati in relazione a questo. Oltre alle prove documentarie bisognerà probabilmente anche fare affidamento sui testimoni, le cui affermazioni verranno valutate con la massima attenzione.
Il primo passo è la cosiddetta mediazione obbligatoria, ovvero una procedura conciliativa di natura non contenziosa che si avvale della presenza di un intermediario abilitato presso un ente riconosciuto dal Ministero della Giustizia.
La parte che intende usucapire il bene, con l'assistenza di un avvocato, deve presentare istanza di mediazione civile, fornendo tutti i dati relativi al bene in oggetto e alla controparte da coinvolgere. Quindi, insieme a tutti coloro che risultano proprietari del bene, si presenterà all'incontro stabilito, presieduto dal mediatore, nel corso del quale si cercherà di giungere a un accordo.
La procedura può avere esito positivo o negativo, ma è imprescindibile, cioè non si può far ricorso al Tribunale senza averla portata a termine. L'esito negativo può essere dovuto sia al rifiuto del proprietario di riconoscere il diritto di usucapione, sia all'assenza di coloro che dovevano convenire.
Qualora i proprietari non si presentino, o addirittura non sia stato possibile individuarli, il mediatore dovrà redigere un verbale negativo e la parte che ha richiesto la mediazione potrà rivolgersi al Tribunale.
I costi per la procedura possono variare notevolmente, in relazione sia al valore del bene da usucapire sia al raggiungimento o meno dell'accordo in sede di mediazione. Tuttavia l'ordinamento giuridico non prevede un indennizzo a vantaggio del proprietario il cui bene venga usucapito.