La locuzione “terzo datore di ipoteca” non è molto comune, tuttavia è una pratica piuttosto diffusa, specialmente in ambito familiare. In questo nostro articolo vedremo dunque chi è il terzo datore di ipoteca e a cosa serve.
Iniziamo con il dare qualche breve delucidazione in merito alla natura dell'ipoteca stessa.
Sappiamo che, nel momento in cui si chiede un prestito o un mutuo – per esempio a un istituto di credito –, il mutuante, ovvero la parte che concede il finanziamento, chiede al mutuatario una garanzia a protezione di questo “investimento”.
L'ipoteca non è altro che la garanzia, ovvero un bene vincolato che, secondo quanto stabilito dall'articolo 2808 del nostro Codice Civile, il creditore ha diritto di espropriare in caso il mutuatario sia insolvente al fine di recuperare la somma data in prestito.
Come abbiamo visto in un articolo precedente, esistono diverse tipologie di ipoteca (legale, giudiziale, volontaria), ma qui ci interessa solo quella che appartiene alla terza e ultima categoria, poiché nel caso di un mutuo non sono coinvolte dispute o peripezie giudiziarie (almeno di solito).
Diciamo subito che generalmente il valore richiesto per l'ipoteca è dato dalla somma erogata + la sua metà: quindi, se viene chiesto un prestito di 200.000 euro, il valore dell'ipoteca si aggirerà intorno ai 300.000 euro.
La normativa concede anche di accendere sullo stesso immobile più di un'ipoteca, e infatti queste vengono “gerarchizzate” per grado in base al momento dell'iscrizione.
Quando ci si reca dal notaio per finalizzare l'acquisto di una casa, per esempio, egli – alla presenza di un delegato dell'istituto di credito mutuante – stipulerà anche il contratto di finanziamento.
Procederà poi alla trascrizione dell’ipoteca nella Conservatoria dei registri immobiliari del territorio in cui è situato l’immobile.
Ricordiamo che le spese sono a carico del debitore.
Trascorsi dieci giorni da questa operazione l'ipoteca diverrà visibile sulle visure catastali.
Cosa succede se l'aspirante mutuatario o debitore non dispone di beni idonei a rispondere alla richiesta di garanzia del creditore?
Ecco che in questo caso può entrare in scena il cosiddetto “terzo datore di ipoteca”, il quale viene viene definito dal Codice Civile (articoli 2868 e seguenti) come colui che concede un'ipoteca su un bene di sua proprietà al fine di garantire un debito altrui.
Una delle caratteristiche fondamentali di questa figura è la seguente: il terzo datore di ipoteca non si inserisce nel contratto di mutuo – per esempio – come garante o fideiussore, perciò non si addossa anche l'obbligo di pagare le rate del prestito.
Egli si assume invece una cosiddetta “responsabilità senza debito”, ma deve essere presente alla stipula del contratto per consentire l'iscrizione dell'ipoteca sul bene di sua proprietà, bene che – in quanto garanzia di un prestito – rischia comunque di perdere qualora il debitore sia insolvente.
Come è facile intuire, i casi più diffusi sono quelli a carattere familiare: per esempio un genitore che assume il ruolo di terzo datore di ipoteca per permettere ai figli di acquistare una casa, dando in garanzia la propria abitazione.
Oppure si può pensare alla situazione di un immobile ereditato indiviso: se alcuni degli eredi e nuovi proprietari intendono per esempio richiedere un mutuo per ristrutturare lo stabile, gli altri dovranno fungere da terzo datore di ipoteca per consentire l'accensione del vincolo ipotecario sull'abitazione.
Come abbiamo detto in precedenza, questa figura non assume su di sé l'obbligo del pagamento delle rate di restituzione del prestito, però è il suo immobile a fungere da garanzia, quindi è questo che può essere pignorato o espropriato qualora il debitore si riveli insolvente.
Il terzo datore di ipoteca ha comunque il diritto di ricevere la notifica del titolo esecutivo (per esempio il decreto ingiuntivo): il creditore non può limitarsi a comunicare l'atto al debitore.
In caso di inadempienza di quest'ultimo egli può anche decidere di assumere su di sé l'onere del pagamento delle rate, fermo restando il suo diritto di rivalersi sul debitore.
Infatti può rifarsi su questi, secondo la legge, sia per quanto riguarda le somme pagate al mutuante sia esigendo la corresponsione del valore dell'immobile in caso di esproprio.
Come abbiamo visto il ruolo del terzo datore di ipoteca non è solo importante al fine di sostenere un debito altrui, ma è anche una posizione che comporta rischi reali.
Benché, al contrario del fideiussore – il cui livello di responsabilità è personale –, la sua responsabilità nei confronti del debito sia limitata all'immobile dato in garanzia, si tratta comunque di mettere a disposizione un bene di proprietà confidando nella solvibilità di un'altra persona.
Ecco perché, come dicevamo, nella maggior parte dei casi si tratta di situazioni che coinvolgono familiari come genitori-figli, fratelli-sorelle ecc.
Per amore di completezza segnaliamo inoltre che questo tipo di procedura è applicabile anche in ambito commerciale: può succedere infatti che una cosiddetta “parent company” svolga il ruolo di terzo datore di ipoteca a favore di una propria subsidiary.
In questo caso la “società madre” si presta a garantire il debito della propria “società figlia” accendendo un'ipoteca su uno dei propri immobili.
Concludendo, il miglior modo di procedere è comunque sempre quello di ottenere informazioni affidabili sulla situazione, sull'operazione e sulle procedure ad essa legate, in maniera da potersi muovere nel modo più sicuro.
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