Il diritto di abitazione e quello di usufrutto conferiscono al titolare diverse possibilità di disporre di un bene che appartiene ad altri.

In questo articolo cercheremo di delineare brevemente in cosa consistono, quali sono gli aspetti che differenziano uno dall’altro e cosa comporta la loro costituzione.

Il diritto di abitazione: una definizione

Si tratta di un diritto reale di godimento di cosa altrui che conferisce al titolare la facoltà di abitare in una determinata casa, o in una sua porzione.

Esso trova la sua disciplina nell’articolo 1024 del Codice Civile e limita i poteri del titolare entro i confini dei suoi bisogni e di quelli del suo nucleo familiare.

Il diritto di abitazione può essere costituito a favore di più persone contemporaneamente, ma può essere rivolto soltanto a persone fisiche: le persone giuridiche ne sono escluse.

La persona che gode di tale diritto – chiamata anche habitator – potrà occuparlo fino alla propria morte, ma può anche rinunciarvi se lo desidera.

Tuttavia, nel caso in cui assuma comportamenti lesivi dell’integrità del bene, il diritto di abitazione può aver fine.

Il diritto di usufrutto: una definizione

Come il diritto di abitazione poc’anzi descritto, anche il diritto di usufrutto si configura come un diritto reale di godimento di cosa altrui.

Esso consente al proprietario di un bene di cedere a un altro soggetto (che verrà definito usufruttuario) il diritto di servirsene.

Il diritto di usufrutto è disciplinato dall’articolo 981 del Codice Civile e conferisce all’usufruttuario di godere del bene in oggetto e dei frutti che ne possono derivare, senza modificarne la destinazione economica.

Colui che ne mantiene la proprietà assume dunque la funzione di nudo proprietario e tale diritto può riguardare beni sia mobili sia immobili.

Diritto di abitazione e diritto di usufrutto: differenze

Dobbiamo premettere che il diritto di usufrutto conferisce al suo titolare facoltà decisamente più ampie rispetto al diritto di abitazione.

Vedremo in che modo.

Essi differiscono tra loro per:

  • contenuto;
  • oggetto;
  • diritto;
  • aspetti fiscali.

La prima differenza riguarda il contenuto: l’usufruttario può affittare il bene, cedere il suo diritto a terzi e persino accendervi un’ipoteca.

Se stipula un contratto di locazione o di affitto, può godere del canone che ne deriva.

A meno che il contratto non stabilisca diversamente, può cedere il suo diritto a un’altra persona, per un determinato periodo di tempo o per tutta la durata. In questo caso, qualora colui o colei al quale viene ceduto muore prima dell’usufruttuario, il diritto di usufrutto torna a lui, poiché dura fino alla sua dipartita.

È infine sua facoltà accendere un’ipoteca sul suo diritto; essa si estinguerà alla cessazione dell’usufrutto.

Ben diverso il potere del titolare del diritto di abitazione, che può usufruire dell’immobile soltanto per ciò che attiene ai bisogni suoi e della sua famiglia, senza cederlo o affittarlo.

Per quanto riguarda l’oggetto, come abbiamo accennato in precedenza il diritto di usufrutto può essere applicato a beni sia mobili sia immobili.

Il diritto di abitazione, invece (lo dice la definizione stessa in pratica) può riguardare soltanto i beni immobili, e più specificatamente un’abitazione.

Un terzo aspetto che li differenzia l’uno dall’altro è che l’usufruttuario può vedere il suo diritto pignorato, cosa che non può succedere al titolare del diritto di abitazione.

Infine, per quanto riguarda la tassazione, è al nudo proprietario che spetta il pagamento delle spese di straordinaria amministrazione, mentre all'usufruttuario spettano le imposte.

Colui o colei che gode del diritto di abitazione deve pagare l’Imu, ma anche le spese di ordinaria manutenzione e le imposte sul reddito.

diritto di abitazione

Istituzione e costi

Sia il diritto di abitazione sia quello di usufrutto possono essere costituiti tramite la stipula di un contratto presso un notaio.

Il pagamento delle spese spetta a chi acquista la nuda proprietà o il diritto di abitazione oppure a coloro ai quali viene concesso il diritto di usufrutto o abitazione da parte del proprietario.

Oltre all’onorario del notaio vanno considerate le imposte di registro e quelle ipotecarie e catastali.

Quindi meglio il primo o il secondo?

È chiaro, dagli aspetti che siamo andati tratteggiando, che la scelta dipende molto dal grado di potere che si vuole concedere o mantenere sul bene in oggetto.

Sono due diritti reali di godimento che configurano situazioni ben diverse: da una parte abbiamo un usufruttuario che non possiede il bene, ma ne può godere in modo pieno (sempre all'interno dei limiti di legge, naturalmente).

Dall'altra abbiamo un immobile in cui si ha il diritto di vivere, ma senza poterne disporre come può fare chi detiene il diritto di usufrutto.

Ricordiamo tra l’altro che la legge italiana riserva al coniuge superstite il diritto di abitazione nella casa coniugale.

In caso di divorzio può essere invece il giudice a concederlo al genitore al quale, per esempio, viene affidata la prole.

Chiaramente la riserva del diritto di usufrutto in caso di vendita o donazione permette all’usufruttuario di disporre ancora piuttosto liberamente del suo patrimonio.

Può essere una strada percorribile qualora si decida di definire la propria situazione in vista di una futura successione.

Quanto qui pubblicato non può in alcun modo sostituire il parere personalizzato di un Professionista, potrebbe non essere adeguatamente aggiornato nel tempo e potrebbe comunque non essere applicabile al vostro caso. Vi invitiamo a rivolgervi ad un Notaio per l’analisi della vostra posizione e, qualora non lo facciate, il sito OkNotai non si assume alcuna responsabilità.

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