La separazione dei beni, anche chiamata divisione dei beni, è un regime fiscale che i coniugi possono scegliere all'atto del matrimonio, sia esso celebrato in modo religioso o in Comune.
In questo articolo esamineremo in cosa consiste e quali sono le possibili conseguenze di questa scelta all'atto del divorzio.
Grazie alle riforme che hanno avuto per oggetto il regime patrimoniale della famiglia introdotte negli anni Settanta (legge n. 151/1975), oggi il regime ordinario che il Legislatore prevede per le nuove famiglie è la comunione dei beni.
Cosa significa? È molto semplice: vuol dire che ogni acquisto fatto dai coniugi dopo le nozze, e per tutta la durata del matrimonio, entra a far parte del patrimonio comune della coppia, anche se è stato fatto da uno soltanto dei due.
Le riforme erano intese a costituire una salvaguardia per la parte più “debole” della coppia a livello economico.
Anche coloro che hanno contratto matrimonio in una data antecedente all'entrata in vigore della legge rientrano nel regime di comunione, a meno che non abbiano manifestato volontà contraria di fronte a un notaio e a un ufficiale dello stato civile della località in cui si sono sposati.
Esistono delle eccezioni? Sì, è possibile per un coniuge in comunione acquisire un bene a livello personale, ma solo a patto che esistano i requisiti previsti dalla normativa.
Ciò significa che tale bene deve essere pagato con denaro personale, per esempio grazie a una somma ricevuta in eredità, oppure ricavata dalla vendita di un bene che era di proprietà del coniuge prima del matrimonio.
Oggi chi si sposa può decidere a quale regime aderire, la separazione dei beni o la comunione.
Per prima cosa, ricordiamo che i coniugi che optano per la separazione dei beni devono manifestare la loro volontà in tal senso prima o durante la celebrazione del matrimonio.
Infatti, in assenza di una scelta esplicita, verranno automaticamente “assoggettati” al regime fiscale di comunione.
Le strade da percorrere sono fondamentalmente due:
Nel secondo caso sarà cura del celebrante (se celebrazione religiosa) o dell'ufficiale di stato civile riportare tale volontà sull'atto di matrimonio.
E se la coppia cambia idea dopo il matrimonio? I coniugi possono esercitare tale scelta rivolgendosi a un notaio tramite un atto pubblico alla presenza di due testimoni.
Qualora si decida di passare dal regime di separazione dei beni a quello di comunione la cosa non presenta difficoltà alcuna. In caso contrario dovranno essere identificati i beni che appartengono ai singoli coniugi, quindi la procedura è un po' più impegnativa.
Scegliere il regime di separazione non significa, naturalmente, che i due non possano avere beni in comune. Anzi, tutto ciò che costruiscono insieme dopo le nozze sarà condiviso.
Se i coniugi acquistano insieme un appartamento, per esempio, e lo intestano a entrambi, ne saranno proprietari alla stessa maniera.
Se invece uno dei due decide di comprare qualcosa in via indipendente, quel bene sarà di sua esclusiva proprietà e potrà quindi disporne come più gli aggrada in qualsiasi momento, senza dover chiedere il parere o il consenso del partner.
Come si evince da quanto siamo andati esponendo in precedenza, la differenza fondamentale tra i due regimi trova applicazione nell'acquisizione e nella gestione dei beni.
Se i coniugi si trovano in regime di comunione, il godimento e l'amministrazione dei beni acquistati negli anni di matrimonio sono affidati a entrambi, salvo il caso specifico di acquisto personale poco sopra descritto.
Ne consegue che uno dei membri della coppia non può intraprendere azioni di straordinaria amministrazione senza il consenso dell'altro.
Se, viceversa, i partner scelgono il regime di separazione dei beni, ognuno di loro mantiene la titolarità di ciò che acquista singolarmente e può amministrarlo come desidera.
In breve, quindi, tutto ciò che entrambi acquisiscono a livello personale resta di loro esclusiva proprietà.
I coniugi possono scegliere un regime o l'altro dopo aver analizzato la loro situazione, in modo da decidere nel modo migliore per loro come procedere.
Tenete presente che il regime di separazione dei beni risulta certamente più flessibile, poiché permette ai partner di acquistare mantenendo quote separate (pensiamo per esempio a tutto ciò che riguarda il patrimonio immobiliare e alle facilitazioni previste dalla legge per la cosiddetta “prima casa”) e presenta alcuni vantaggi.
Uno dei più rilevanti è la protezione del patrimonio dell'altro in caso di debiti personali o fallimento di uno dei coniugi: i creditori di uno, infatti, potranno rivalersi sui suoi possedimenti, ma non su quelli del partner.
Il regime di separazione dei beni non ha invece alcuna influenza sulle questioni ereditarie e non comporta penalizzazioni circa la pensione di reversibilità in caso di dipartita di uno dei due coniugi.
Poiché, come abbiamo più volte ribadito, qualsiasi bene posseduto prima delle nozze e/o acquisito separatamente durante il matrimonio rimane di proprietà del singolo coniuge, in caso di separazione o divorzio le cose possono essere decisamente più semplici se si è optato per la separazione dei beni.
Questo perché ognuno resta proprietario dei propri beni. Quello su cui si dovrà lavorare è il patrimonio condiviso, che potrebbe essere rappresentato, per esempio, dall'abitazione familiare cointestata.
In caso di impossibilità di raggiungere un accordo i divorziandi dovranno rivolgersi a un giudice e, in caso di figli, sarà il benessere di questi ultimi a diventare prioritario.
Infatti, benché se il proprietario esclusivo dell'abitazione familiare possa ragionevolmente aspettarsi di ottenerla in assenza di prole (a meno che non intervengano gravi motivi che rendano all'ex coniuge impossibile allontanarsene), se ci sono dei figli la casa verrà assegnata al genitore a cui essi verranno affidati.
Indipendentemente dal fatto che ne sia proprietario oppure no. Si parla, naturalmente, di figli minorenni o maggiorenni ma non autosufficienti.
Se sull'abitazione grava un mutuo, a meno che il Tribunale non decida di intervenire – e può farlo se la situazione lo richiede –, la banca continuerà a considerare come debitore colui che l'ha sottoscritto, che si tratti del singolo coniuge o della coppia, se cointestataria.
Ricordiamo qui in chiusura che, nonostante siano molto diffusi all'estero, in Europa come nel resto del mondo, i patti prematrimoniali non sono possibili qui in Italia, come ribadito anche recentemente dalla Cassazione (n. 11012 del 26 aprile 2021).
E questo indipendentemente dal fatto che si scelga la separazione dei beni oppure la comunione.