Si chiama diritto ereditario – o anche diritto successorio – l'insieme di norme che regolano le disposizioni e le procedure che riguardano la suddivisione del patrimonio di un individuo – definito solitamente nei documenti il “de cuius” – dopo la sua dipartita. In questo articolo andremo dunque a esaminare la cosiddetta successione legittima e le relative quote.

Significato del termine “eredità” e sue modalità

Se andiamo a leggere la definizione di questa parola su un vocabolario troveremo che essa consiste nella “successione a titolo universale nel patrimonio e in genere nei rapporti attivi e passivi di un defunto”. In pratica si tratta del trasferimento agli eredi dei beni e dei diritti che un individuo lascia dietro di sé alla propria morte.

Il quadro normativo italiano riconosce due modalità:

  • testamentaria;
  • legittima.

Con la locuzione “eredità testamentaria” si indica la successione che segue le disposizioni lasciate dal cosiddetto testatore in un apposito documento, denominato testamento. Tali volontà sono comunque disciplinate per legge e il testatore non può escludere dall'asse ereditario coloro che il diritto italiano definisce come “eredi legittimari”. Vedremo meglio in seguito cosa significa.

La successione legittima, invece, si apre nei casi in cui tali disposizioni sono assenti o non valide e alla volontà del defunto – non pervenuta – si sostituisce dunque la normativa prevista dal Codice Civile, che individua precise casistiche e categorie di eredi e quote.

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Cosa sono le quote e come si dividono tra gli eredi

La quota non è altro che una porzione del patrimonio ed esprime in quale misura un determinato erede subentra al defunto.

Il Codice Civile italiano individua coloro che sono considerati i cosiddetti eredi legittimari, ai quali la legge riserva una certa quota dell’eredità, indipendentemente dalle volontà che il defunto ha espresso nel testamento.

Su che basi il diritto italiano stabilisce chi e in che ordine di importanza è legittimato a partecipare all’eredità? Sostanzialmente tali disposizioni si fondano sui legami di parentela, senza prendere in considerazione meriti o relazioni speciali con il defunto.

Tale procedura è stata concepita per evitare situazioni di stallo o altamente conflittuali in mancanza dei precisi dettami che possono essere inseriti nel testamento (dettami che comunque, come abbiamo già visto in precedenza, non possono privare della sua quota un erede considerato legittimo dalla legge).

Ciò detto, è chiaro che le prime persone a essere considerate eredi legittimi sono naturalmente il coniuge e i figli, ma vengono presi in considerazione anche fratelli/sorelle, ascendenti e collaterali, in diverse combinazioni a seconda delle differenti situazioni familiari, fino al sesto grado di parentela.

In mancanza di parenti entro il sesto grado, infatti, l’articolo 565 del Codice Civile determina la devoluzione dell’eredità in questione allo Stato italiano.

Dedichiamo solo una breve parentesi alla questione dei gradi di parentela, che sono meno intuitivi di quanto possa sembrare. Chiariamo per cominciare chi sono i parenti: sono così definiti tutti coloro che sono uniti da un legame per cui uno discende dall’altro (per esempio madre e figlio) o entrambi discendono da un antenato comune (per esempio i fratelli).

Se c'è la discendenza di un individuo dall'altro si parla di parentela diretta o in linea retta; se c'è invece un avo in comune (stipite) si parla di parentela indiretta o in linea collaterale.

Nel primo caso i gradi sono tanti quante sono le generazioni, escluso lo stipite; nel secondo si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo all’altro parente (sempre escludendo lo stipite).

In pratica genitori e figli sono parenti di primo grado, mentre nonni e nipoti (o fratello e sorella) sono tra loro parenti di secondo grado.

Tornando all'argomento principale, protagonisti privilegiati sono per la legge italiana i discendenti, ovvero coloro che discendono in linea retta dal defunto.

Ciò significa che, se ci sono dei figli, questi escludono a priori tutte le altre categorie di parenti, tranne l'eventuale coniuge superstite.

I coniugi non sono parenti di sangue, naturalmente, ma sono persone legate da un vincolo riconosciuto dalla legge (sia che derivi da matrimonio sia che discenda da unione civile). Grazie a tale rapporto il coniuge superstite ha il diritto di continuare ad abitare nella casa che era adibita a residenza familiare e a utilizzare i mobili che la arredano.

Vediamo dunque a grandi linee come viene suddivisa per legge l’eredità in caso di successione legittima.

Se non ci sono figli, genitori o collaterali diretti superstiti tutta l’intera eredità spetta al coniuge superstite, anche se separato purché senza addebito (ne è invece escluso il coniuge divorziato con sentenza definitiva).

Se ci sono i figli ma non il coniuge questi ereditano in parti uguali (ricordiamo che, a tutela dell’interesse della prole, non esiste più alcuna differenza, davanti alla legge, tra figli legittimi e naturali).

Nel caso in cui a ereditare siano il coniuge e un figlio, i beni andranno divisi in parti uguali tra loro, mentre se i figli sono più di uno al coniuge spetta un terzo, mentre i due terzi devono essere equamente spartiti tra i figli.

Se sopravvivono solo fratelli/sorelle e coniuge a quest’ultimo andranno i due terzi, mentre i primi si divideranno il terzo rimanente; se invece gli unici rimasti sono i genitori, essi ereditano in parti uguali (anche in caso di genitori adottivi, sebbene siano esclusi coloro che hanno adottato una persona maggiorenne, in seguito deceduta).

Quando invece al defunto sopravvivono sia coniuge, sia fratelli/sorelle sia ascendenti, al primo spettano i due terzi dell’eredità, compreso naturalmente il diritto di uso e di abitazione della casa coniugale, a genitori/nonni un quarto e a fratelli/sorelle un dodicesimo.

Nei casi in cui manchino tutti questi gradi più stretti di parentela la successione verrà aperta a favore dei parenti prossimi, sempre tenendo presente che la precedenza è data al parente più vicino.

Eredità e indegnità

Viene considerato erede anche il concepito che viene alla luce entro 300 giorni dalla morte del de cuius (la partecipazione alla successione è comunque sempre subordinata alla nascita), mentre possono essere esclusi dall'asse ereditario gli eredi ritenuti indegni dalla legge, ovvero coloro che si sono macchiati di alcuni crimini, come per esempio:

  • chi è colpevole di omicidio volontario o di tentato omicidio volontario contro la persona di cui è erede o i suoi congiunti ed è considerato punibile dalla legge;
  • chi ha costretto con inganno o violenza una persona a includerlo nel testamento;
  • chi ha distrutto oppure alterato o falsificato o nascosto le ultime volontà della persona di cui è erede;
  • chi ha commesso ai danni di tale persona il reato di calunnia o falsa testimonianza e ne è stato considerato colpevole in giudizio.

 

 

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