Quando si entra in possesso di un'eredità ci sono alcuni obblighi ai quali bisogna ottemperare in quanto eredi, esecutori testamentari o comunque persone coinvolte in questo processo. Ci sono anche delle tasse o delle imposte da pagare, perciò vediamo quali sono e quando sono dovute.
L'imposta di successione, erroneamente ma comunemente chiamata “tassa di successione”, è un'imposta indiretta che va corrisposta all'Agenzia delle Entrate nel caso in cui si ricevano in eredità beni mobili e immobili, diritti reali o somme di denaro.
Il suo ammontare varia in relazione a quanto dichiarato dagli eredi in sede di dichiarazione di successione.
Tale dichiarazione non è altro che una documentazione necessaria che va presentata – entro un anno dalla dipartita del cosiddetto “de cuius”, ovvero del defunto – quando si ha il passaggio di beni e diritti da una persona deceduta ai suoi eredi, stabiliti per testamento o per legge.
Il calcolo preciso viene effettuato dall'Agenzia delle Entrate, ma può essere utile sapere come funziona e quali beni prende in considerazione.
Prima di tutto bisogna dire che la base imponibile sulla quale verrà calcolato l'ammontare della tassa di successione è costituita dal valore complessivo dell'attivo ereditario, al netto delle franchigie e delle passività del defunto.
Quali sono i beni che vanno a comporre l'attivo ereditario? Si tratta di solito dei seguenti:
Per quanto riguarda mobili, gioielli e denaro, a meno che non venga richiesto un inventario analitico del patrimonio vengono stimati pari al 10 per cento del valore globale netto dell'asse ereditario. Tale presunzione vale anche se ne vengono dichiarati per una cifra minore.
La normativa del Codice italiano prevede parametri specifici per la valutazione delle diverse tipologie di beni in vista del calcolo della tassa di successione: in caso di immobili, per esempio, la base imponibile è rappresentata dal loro valore catastale (nella dichiarazione di successione andrà indicata, comunque, solo la rendita catastale).
Il valore dei titoli quotati viene determinato calcolando la media dei prezzi di compenso o dei prezzi fatti nell'ultimo trimestre anteriore all'apertura della successione, maggiorata dei dietimi o degli interessi successivamente maturati.
Quello dei titoli non quotati viene stabilito in base al patrimonio netto dell'ente o della società risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato.
Quali sono i beni che invece non rientrano nel calcolo, quindi esenti? Eccoli:
Sono esenti anche i trasferimenti a favore dello Stato o di altre realtà pubbliche come Comuni o Regioni, nonché quelli a favore di enti pubblici e fondazioni riconosciute che hanno come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l’educazione, l’istruzione o altre finalità di pubblica utilità.
Sono altresì esenti i trasferimenti a favore di ONLUS e fondazioni bancarie (previste della L. 23 dicembre 1998, n. 461).
La legge n.112/2016, soprannominata “Dopo di noi” ed entrata in vigore il 25 giugno 2016, dispone altresì sgravi ed esenzioni in relazione a beni o diritti vincolati che abbiano come beneficiari persone con gravi disabilità.
Abbiamo detto in precedenza che per ottenere la base imponibile sulla quale calcolare la tassa di successione devono essere sottratte dal patrimonio anche le passività del defunto. Queste possono essere principalmente di tre tipi:
Una volta calcolata la base imponibile è possibile suddividere l'attivo ereditario in quote in relazione agli eredi, e applicare l'aliquota prevista dalla legge relativa a ciascuno di loro.
Le aliquote e le franchigie si differenziano in base al grado di parentela che lega l'erede al defunto. Vediamole in breve:
La franchigia significa che l'aliquota verrà applicata alla parte della quota di ciascun erede che oltrepassa il valore della franchigia stessa. In pratica, se il coniuge o il figlio, per esempio, eredita una quota inferiore al milione di euro non dovrà pagare alcuna imposta.
È importante ricordare che tutte le aliquote e le relative franchigie relative alla tassa di successione non vengono applicate al complesso dell'attivo ereditario, ma sono calcolate sulla quota spettante a ciascun erede.
Entro dodici mesi dalla data di morte del de cuius deve essere presentata dagli eredi la dichiarazione di successione, che mette in moto, se così si può dire, tutto il processo.
L'ufficio competente esaminerà la dichiarazione e procederà con i calcoli e i controlli. In caso salti fuori qualche irregolarità (per esempio beni non dichiarati o il cui valore è da rettificare) emetterà un cosiddetto “avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta”.
Una volta ricavato l'ammontare dell'attivo ereditario e calcolati l'imponibile e l'aliquota di ognuno degli eredi, questi riceveranno – entro 3 anni dalla dichiarazione – una notifica o avviso di liquidazione, e dovranno pagare quanto gli spetta entro 60 giorni tramite un modulo F24.
Se la tassa di successione che devono corrispondere equivale a una cifra “importante” gli eredi possono fare richiesta di rateizzazione, purché il 20 per cento della somma dovuta sia corrisposto entro 60 giorni dal ricevimento dell'avviso.
Il debito residuo potrà essere suddiviso in 8 rate trimestrali, alle quali però verranno applicati gli interessi.
Come abbiamo appena visto la tassa di successione viene applicata sui patrimoni ereditati al di sopra di cifre ben precise, con le franchigie e le aliquote applicate a ciascuna quota spettante a ciascun erede.
È importante che la dichiarazione di successione sia compilata nel modo corretto e che non tralasci nulla di quanto deve essere dichiarato; a questo scopo potete rivolgervi a un professionista del settore e richiedere un preventivo gratuito mirato sul sito di OK Notai.