È risaputo che quando due persone scelgono di contrarre matrimonio possono optare per due tipologie di regimi matrimoniali, la comunione o la separazione dei beni.
Forse meno note sono tutte le implicazioni collegate a ciascuno dei due regimi, perciò in questo breve articolo vorremmo approfondire un po' la questione.
Partiamo dall'inizio.
Il regime patrimoniale di una famiglia non è che un insieme di norme che regola e disciplina l'acquisto e la gestione dei beni dei coniugi durante il matrimonio (o l'unione civile o per la durata di un contratto di convivenza).
La coppia, infatti, non è legata soltanto da rapporti personali ma anche da rapporti di tipo patrimoniale.
La normativa italiana prevede due tipi di regimi matrimoniali, ovvero la comunione e la separazione dei beni, e la scelta può avvenire durante la celebrazione del matrimonio o dell'unione civile o essere inserita nel contratto di convivenza.
Vediamo dunque quali sono le caratteristiche di entrambi e le ricadute che possono avere nelle azioni della vita quotidiana.
Il primo dei due regimi matrimoniali che andiamo a esaminare è la comunione dei beni, se non altro perché, a seguito delle riforme che hanno avuto per oggetto il diritto di famiglia introdotte nel 1975, questo è il regime patrimoniale che si applica automaticamente se la coppia non sceglie altrimenti (come prevede l'articolo 159 del Codice Civile).
La principale caratteristica che distingue il primo dei regimi matrimoniali che andremo a considerare è questa: tutti i beni acquistati durante il matrimonio appartengono a entrambi i coniugi, che siano acquisiti congiuntamente o separatamente.
Le due parti della coppia possono operare distintamente e disgiuntamente per quanto riguarda tutti gli atti di amministrazione ordinaria. Ciò significa che ognuno di essi può compiere le azioni quotidiane che fanno parte della normale conduzione della vita familiare, senza che sia necessaria la presenza del/la compagno/a.
Pensiamo a tutte quelle piccole cose di tutti i giorni come possono essere la spesa, il pagamento delle spese condominiali, la scelta di un fornitore per il gas, eccetera eccetera.
Tuttavia, per tutte quelle operazioni che esulano dalla cosiddetta quotidianità, e ricadono dunque nella sfera definita di amministrazione straordinaria, i partner devono agire congiuntamente.
L'articolo 184 del Codice Civile afferma che tutti gli atti che coinvolgono beni mobili registrati o immobili e relativi diritti compiuti da uno senza il necessario consenso del partner possono essere annullati entro un anno dalla loro data di trascrizione.
Quali sono i beni che rimangono di esclusiva proprietà di uno dei due anche all'interno della comunione legale dei beni? Eccoli:
Ci sono poi alcuni beni che cadono in comunione al momento dello scioglimento della stessa, per esempio a seguito di un divorzio; essi sono i seguenti:
Ora passiamo a considerare un aspetto economicamente delicato per chi ha scelto questo tra i due regimi matrimoniali disponibili: cosa succede in caso di debiti? In generale possiamo dire che anche le passività vengono condivise.
Fondamentalmente possiamo isolare due categorie:
Per quanto riguarda il primo caso, non ha importanza che il debito sia stato contratto prima o dopo il matrimonio: gli eventuali creditori potranno rifarsi sui beni del debitore principale e, se questi si rivelano insufficienti, sul 50 per cento del patrimonio in comunione.
Se il problema riguarda invece debiti contratti nell'interesse della famiglia o all'acquisto di beni per l'uso comune, i creditori possono rivalersi sul patrimonio in comune e, in seconda battuta, su quello personale dei singoli partner pro quota.
I regimi matrimoniali non sono “per la vita”, nel senso che i partner possono decidere di cambiare, passando dall'uno all'altro, semplicemente procedendo alla modifica di fronte a un notaio alla presenza di due testimoni. Anche più volte.
La comunione dei beni viene sciolta in seguito alla dipartita di uno dei partner (o alla dichiarazione di morte presunta), al divorzio o all'annullamento del matrimonio, o anche semplicemente, come abbiamo visto, per la richiesta di modifica del regime patrimoniale.
Dei due regimi matrimoniali riconosciuti dall'ordinamento italiano la separazione è forse il più diffuso tra le coppie in cui almeno uno dei due partner è titolare di un'attività.
Come abbiamo detto, tale regime può essere scelto all'atto del matrimonio o dell'unione civile eccetera, e la sua caratteristica principale è questa: ciascuno dei due elementi della coppia rimane proprietario esclusivo dei beni che possedeva prima e che acquista dopo il matrimonio.
I regimi matrimoniali disciplinano, come abbiamo visto, le modalità con cui vengono gestiti i rapporti patrimoniali all'interno di una coppia, ma non esentano in nessun caso i singoli dalle responsabilità della famiglia.
Infatti, anche nel caso della separazione dei beni, ciascuno dei partner è comunque tenuto a contribuire alle necessità familiari secondo le sue capacità e possibilità.
Entrambi i regimi matrimoniali presentano dei vantaggi, naturalmente, e i due principali della separazione riguardano soprattutto:
Il primo aspetto è proprio quello che porta molte coppie a scegliere tale regime qualora, come dicevamo poco fa, almeno uno dei due sia un imprenditore, o un libero professionista o svolga comunque un'attività che lo espone a rischi finanziari.
Questo perché, in caso di debiti, i creditori potranno rivalersi soltanto sul patrimonio del coniuge debitore, senza poter aggredire i beni del partner.
D'altro canto non comporta alcuna penalizzazione per quanto riguarda le questioni ereditarie o di reversibilità delle pensioni.
Qualora poi la coppia decidesse di divorziare, dal momento che ognuno dei due partner rimane esclusivo proprietario dei suoi beni, probabilmente la procedura sarebbe più semplice, perché l'unico patrimonio sul quale essi dovrebbero accordarsi sarebbe quello condiviso (per esempio la casa cointestata).
I regimi matrimoniali sono due, ma esiste anche una terza possibilità, meno diffusa.
Tramite un atto pubblico entrambi i coniugi – o uno solo, o una terza persona – possono decidere di istituire un fondo patrimoniale, che prevede l'imposizione di una sorta di vincolo su determinati beni per destinarli ai bisogni della famiglia.
Si tratta di una soluzione particolare, che va ben analizzata e soppesata, possibilmente facendosi consigliare da professionisti esperti del settore.